Ferrari e Newey si rincorrono in F1 da molto tempo. Gli abboccamenti ci sono già stati in passato, per l’esattezza 3, come lo stesso Adrian ha candidamente ammesso. Si sa, la storia è fatta di corsi e ricorsi e gli esseri umani tendono a ripetere determinati comportamenti ed errori, tanto che alla fine dei conti altro che “Storia maestra di vita”, come scrivevano i romani. Se la nostra specie fosse composta da studenti che si applicano sul serio, dalla storia avrebbe appreso come evitare di massacrarci continuamente a vicenda, ad esempio.
A parte la chiosa dello storico, che come sapete è una delle mie materie elettive, mi piacerebbe affrontare con voi un discorso ipotetico che forse potrebbe essere realtà fra qualche settimana. Diamo per scontato che Adrian Newey abbia finalmente accettato di cedere alle lusinghe ultra decennali di Maranello. Cosa che, tra l’altro, pare assai concreta, se mettiamo assieme i pezzi del puzzle degli ultimi tempi, non ultima la scelta di Cardile di abbandonare la rossa per legarsi alla verdona Aston Martin dal prossimo anno. Ok, ci siamo. Adrian si mette la polo rossa d’ordinanza e con il suo taccuino comincia a lavorare per la Ferrari in F1.
Sì, ma dove? A Maranello, fra tortellini e Lambrusco? Potrebbe anche essere, visto che il nostro, a dispetto di tanti che lo conoscono relativamente o millantano di conoscerlo, non disdegna il Bel paese, tutt’altro. Io non lo conosco, ma le cose che dico sono assai fondate. Poi, sta a voi fidarvi o meno. Il problema vero per Newey si pone se si deve trasferire armi e bagagli in Italia. Ma anche qui, è un problema relativo, nel senso che in realtà già in Red Bull non è presente continuativamente.
Certo, inizialmente dovrà conoscere le persone con cui lavorare, stabilire un legame, avere una propria gerarchia operativa e via discorrendo. Ma poi, la macchina, almeno in parte, camminerà da sola. E se invece il nostro non volesse affatto mettere piede in Italia… mettiamola come ipotesi estrema, cosa potrebbe accadere Un evento simile è già successo proprio con la Ferrari, alla fine degli anni ottanta del secolo scorso. Quelli appassionati di storia della F1 sanno già dove voglio andare a parare: John Barnard e la storia dell’antenna tecnologica in Ferrari. Vediamo di inquadrare gli eventi.
F1, Ferrari e Newey: il passato si ripete?
La Ferrari degli ultimi anni in cui il fondatore è in vita è una Ferrari in profonda crisi tecnica. Enzo capisce che il problema fondamentale è il connubio telaio/aerodinamica e decide di fare una cosa controcorrente: andare a prendere il migliore su piazza, tale John Barnard. Questo per dire che anche una persona ormai molto anziana può stupire con la sua freschezza mentale. Barnard, in forze alla McLaren, è un progettista pignolo e metodico, con non poche intuizioni che poi hanno fatto scuola. Come l’uso dei compositi e la rastrematura delle fiancate a “CocaCola”. Le sue monoposto vincono molto e con continuità.
Enzo Ferrari lo mette sotto contratto dal 1987. Ma la prima vera creatura del progettista inglese, complice il cambio regolamentare del 1989 (con il ritorno dei motori aspirati, per la Ferrari il 12 cilindri), è la famosa “papera”. Un gioiellino tecnologico che ha molte innovazioni anche meccaniche. Ad esempio il primo cambio con le leve sul volante, che oggi si trovano praticamente in tutte le auto/monoposto da corsa. La “papera” o 640 (dal numero del progetto) è una monoposto che nel 1990, evoluta dall’ingegner Scalabroni rischia di vincere il mondiale.
I sogni di gloria di Prost e della Ferrari si infrangono a Suzuka, complice l’autoscontro voluto da Senna a due curve dal via. Nel frattempo Barnard se n’è già andato. Tornerà nel 1993 e resterà sino al 1995. La monoposto con cui Schumacher fa il suo primo anno a Maranello, nel 1996, è sua. Non proprio riuscitissima, per usare un eufemismo. La cosa che contraddistingue gli anni di Barnard in rosso è che non riesce proprio ad ambientarsi in Italia e decide di autoisolarsi in Inghilterra con una costosa “antenna tecnologica”.
Una sorta di avamposto ferrarista in terra inglese. Per essere precisi nel suo sud est, a Guildford (una piccola palazzina) dove la mente, cioè lui e i suo collaboratori, progetta la monoposto e il braccio, cioè Maranello, dove viene costruita materialmente e assemblata per poi gareggiare. Tale struttura verrà poi rivenduta allo stesso Barnard a prezzo di saldo proprio alla fine della sua seconda esperienza in Ferrari, sotto la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo.
Dunque, l’antenna tecnologica e la stessa esperienza di Barnard non furono positive, se si fa la tara totale. Chiaro, tuttavia la storia non è mai semplice come ce la raccontano. E ci sono molte attenuanti/aggravanti: il carattere assai spigoloso di Barnard e gli inevitabili problemi che succedono quando muore un fondatore. Ferrari passa a miglior vita nel 1988 e la FIAT entra in forze in Ferrari. Scossoni non da poco che influiscono anche, come ovvio, nel reparto che si dedica alla F1, a sua volta diviso dalle tradizionali fazioni che si mangiano l’una contro l’altra.
Un altro problema, molto sentito in quegli anni, è legato al fatto che le comunicazioni tecnologiche sono quel che sono. Mandare progetti, dati, numeri non è proprio facile. Siamo agli albori di Internet. I fax, ad esempio, in Italia si cominciano ad usare nei primi anni ottanta. Quindi l’antenna tecnologica in Inghilterra diventa un problema anche di comunicazioni, non solo linguistiche, ma proprio per i limiti delle tecnologie dell’epoca. Veniamo ad oggi. Primo spunto di riflessione: Newey non è Barnard. Non è tetragono e sordo alle proposte dell’ambiente nel quale lavora.
Ma, soprattutto, se anche si riproponesse qualcosa di simile Guildford, bé… per ovvie ragioni anche questa realtà sarebbe ben diversa rispetto al passato. Le comunicazioni a distanza hanno raggiunto un livello elevatissimo, ancora di più dopo la pandemia da Covid-19. Quindi, davvero, questo sarebbe senza dubbio l’ultimo dei problemi. Dunque non ci resta che attendere ancora. Perché se è vero che i fatti tendono a ripetersi, ma non sono mai identici, è anche vero che talvolta ciò non accade. E magari questa potrebbe essere la classica eccezione che conferma la regola…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv