È bastato che in F1 Verstappen la facesse fuori dal vaso per smascherare la nutrita fazione di pseudo fan e addetti ai lavori che hanno glorificato le gesta del pilota olandese fino a poche settimane fa e che, ora, tornano a etichettare il fuoriclasse olandese con gli stereotipi del passato. L’assalto dei franchi tiratori era pronto da tempo: testa calda, pericoloso, irrispettoso verso i colleghi e il suo team, fin troppo schietto rispetto al bon ton della F1 moderna. Oggetto del dibattito? La manovra effettuata dal leader del campionato al giro numero 63 del Gran Premio di Ungheria nei confronti di Hamilton.
Che la mossa fosse azzardata lo mostrano con evidenza le immagini e la dinamica stessa dell’azione. Un tentativo “goffo” per mettere una pezza alla giornata da dimenticare del muretto box di Red Bull che alla fine si è rivelata peggiore del buco. È altrettanto corretto affermare che Max fosse davvero teso sin dal venerdì, a causa di eventi che hanno penalizzato la sua gara. Già nelle prove libere, infatti, la RB20 aggiornata nella zona superiore delle pance non ha performato quanto gli ingegneri di Milton Keynes si aspettavano. Dato certo.
I pugni sbattuti sul volante al termine del giro di qualifica erano dovuti alla frustrazione di partire terzo, nonostante un giro privo di sbavature (Max era in pole fino alla staccata di curva 12, n.d.a.). L’obiettivo al via era quello di inserirsi tra la coppia McLaren, manovra che era anche riuscita. Tuttavia è stata portata a termine sfruttando la via di fuga in asfalto pertanto notata dalla FIA. Stranamente il team ha chiesto molto velocemente di cedere la posizione a Norris, mentre Max si aspettava che la sua squadra di F1 lottasse per la legittimità della sua manovra, ipotesi rapidamente scartata dagli uomini del muretto.
Nelle fp2 Verstappen aveva portato a termine una simulazione mostruosa su gomma hard. Per questo la volontà trovarsi alle spalle della coppia McLaren all’inizio dello stint come le Hard. Ma dopo il primo pitstop, invece, ha subito l’undercut di Hamilton. Mentre alla seconda sosta arriva anche l’undercut della Ferrari di Leclerc, obbligando Max Hasselt a superare in pista il monegasco per poi duellare con Lewis. Al giro 63, in preda alla frustrazione, sbaglia la misura dell’attacco nei confronti di Hamilton, terminando la gara addirittura alle spalle della rossa di Charles in quinta posizione.
F1, Verstappen: le roventi comunicazioni con Lambiase scatenano un ridicolo perbenismo
Se esiste un sostantivo che si può associare al figlio di Jos, questo è certamente la schiettezza. Non importa che si tratti di un’intervista nel ring a fine gara, alla vigilia di un Gran Premio o nei team radio: Max non ha peli sulla lingua e ha sempre esternato ciò che pensava in modo a volte fin troppo ruvido. Allora bisogna essere onesti intellettualmente e domandarsi se è meglio ascoltare un pilota di F1 che recita uno spartito scritto dalla comunicazione dei team oppure un individuo che tiene alto il livello della conversazione (spesso oltre le righe) dal quale si saprà sempre e comunque cosa pensa.
Nelle ore successive alla gara, il leitmotiv della “comunicazione perbenista” ha condannato Verstappen, reo di ingratitudine nei confronti della sua squadra che ha contribuito in modo decisivo ai suoi trionfi. Una chiave di lettura fin troppo semplicistica. Il pilota di Hasselt da tempo sta lanciando dei messaggi al team, perché sta notando la disgregazione di una squadra che era un orologio svizzero sino al Gran Premio della Cina. “L’avevo detto sabato e lo ripeto: alcune persone del team non sono sulla mia lunghezza d’onda e non si rendono conto della gravità della situazione attuale. Avevo avvertito in anticipo“.
Come tutti i fuoriclasse Max è un perfezionista e in quanto tale pretende il medesimo livello di eccellenza che esprime al volante da tutto il team. L’ammonimento di Lambiase che ha definito infantili le ragioni del suo pilota è tardivo, in quanto da sempre è stato concesso questo genere di comunicazione a Verstappen. Si è scritto parecchio su questo argomento. Atteggiamenti ruvidi, al limite dell’arroganza, che il team ha sempre accettato e difeso in virtù del fatto che nessuno nell’abitacolo della Red Bull poteva conquistare gli stessi successi in F1 del fuoriclasse orange.
Chi ha la capacità di leggere i comportamenti del pilota in profondità, ha compreso che il campione del mondo in carica ha alzato i toni non perché stava soffrendo in gara, ma bensì perché il disorientamento del team inizia a palesarsi anche in pista. Altri campioni avrebbero assorbito il colpo per poi aprire il vaso di Pandora in separata sede. Verstappen lo ha fatto in mondovisione affinché tutti, da questo momento, si assumano la responsabilità dell’esito finale. Un po’ come quando Toto Wolff si scusò con Hamilton al termine del Gran Premio di Baku per avergli fornito una monoposto di merda (shitbox).
Io sto con Max perché in un contesto effimero l’olandese è uno dei pochi protagonisti che non recita un copione. Nel processo mediatico nei suoi confronti valutiamo il coraggio di mettere Red Bull di fronte alle proprie responsabilità. Non è affatto ingratitudine, bensì una qualità che un leader deve necessariamente possedere per invertire la direzione di una scuderia fuori rotta e vittima delle lotte politiche interne che si protraggono da troppi mesi. Questo non rende Verstappen immune da critiche ma senza esagerare. Lo stesso Lewis ha derubricato l’incontro ravvicinato come normale dinamica di gara…
Autore: Roberto Cecere
Immagini: Oracle Red Bull Racing – F1Tv
