Dopo il controverso Gran Premio di F1, Abu Dhabi 2021, Red Bull aveva deciso di abbandonare la massima categoria del motorsport. Tuttavia, il “freeze” dei propulsori, iniziato a settembre 2022, ha prolungato la collaborazione tra il team di Milton Keynes e la divisione sportiva giapponese HRC fino al 2025. Nel frattempo, il team guidato da Christian Horner ha completato la creazione della divisione Powertrains, che ha assorbito circa 150 tecnici e ingegneri, molti provenienti da Honda, in una massiccia campagna di insourcing.
Finora, il reparto motori dei campioni del mondo in carica si è occupato della gestione delle unità di potenza giapponesi, poiché come sappiamo lo sviluppo di queste è stato bloccato. Guardando al 2026, Red Bull sta sviluppando internamente i propulsori turbo-ibridi di seconda generazione, avvalendosi della partnership con Ford, anche se non senza difficoltà. Ne abbiamo parlato qualche settimana fa offrendo ai nostri lettore diverse informazioni interessanti, relative al processo di selezione per entrare a far parte della divisione Powertrains.
Per di più abbiamo parlato del ritardo sul piano di lavoro che preoccupa non poco. Situazione che vuole essere risolta grazie all’esperienza di alcuni tecnici Mercedes acquisiti durante gli ultimi mesi. Ford, che tornerà in F1 dopo 12 anni di assenza, entrerà in un contesto tecnologico completamente diverso rispetto agli inizi del millennio. All’interno di questo scenario risulta interessante notare come il gigante americano sia stato il primo fornitore di motori per Red Bull Racing, equipaggiando la RB1 nel 2005 con l’unità Cosworth TJ2005 V10 3.0 aspirata.
F1, Red Bull: fiducia nel progetto 2026 nonostante le difficoltà
La collaborazione tra Honda e Red Bull sia in forma ufficiale che sotto le mentite spoglie HRC è stata una partnership di successo. Ciononostante il management di Milton Keynes avvertiva da tempo la necessità di essere indipendente sul versante dei propulsori.
L’ingegnere capo delle operazioni in pista, Paul Monaghan, crede fermamente che l’autonomia possa offrire più margini di crescita in quanto dal 2026 tutto sarà realizzato “sotto lo stesso ombrello”. Sulla carta dovrebbe essere un vantaggio specie nella integrazione propulsore-chassis.
Questo perché non dovranno essere più due soggetti distinti a dover dialogare nella progettazione delle relative componenti. Uno dei pochi superstiti del nascente team Red Bull di inizio millennio, infatti, è consapevole dell’elevata complessità della sfida imposta dal nuovo quadro regolamentare. Tuttavia il team intende realizzare un prodotto migliore dell’unità di potenza Honda che ha consentito di dominare nell’ultimo biennio. È nell’ordine delle cose temere che una rivoluzione tecnica così invasiva possa non essere stata interpretata in modo efficace.
Questo considerando che la volontà della scuderia austriaca è sempre la medesima: restare al vertice della categoria e continuare a vincere il più possibile nel prossimo futuro. Il manager britannico, quindi, contempla il fatto che potranno esserci dei momenti difficili e non ci sarà spazio per un eventuale scaricabarile sul fornitore, in quanto sarà tutto realizzato in casa nella factory di Milton Keynes. La palla resterà sempre e comunque nel perimetro Red Bull, nel bene e nel male, qualsiasi sia l’eventuale inefficienza di un’area della monoposto.
Del resto, in passato, Red Bull è stata un team cliente sempre molto esigente che non ha mai risparmiato dure critiche ai propri partner nella cattiva sorte. Basta ricordare il trattamento riservato a Renault nei primi anni dell’era turbo-ibrida. Nonostante la casa francese avesse fornito i propri motori aspirati nel primo ciclo vincente della scuderia austriaca, assecondando anche richieste specifiche come nel caso degli scarichi soffianti, geniale intuizione di Craig Skinner, il rapporto con la casa francese non è mai stato idilliaco.
F1, Red Bull: i vantaggi dell’operazione voluta da Horner
La F1 non sfugge ai modelli di business di aziende appartenenti ad altri settori. Se nel recente passato l’esternalizzazione di attività erano pressi comune sopratutto in assenza di know how interno per la realizzazione di prodotti e servizi, Red Bull, con la realizzazione della divisione Powertrains, ha messo in atto quella che viene chiamata “Integrazione Verticale”. In linea generale, l’integrazione verticale, consente di portare nel proprio perimetro attività e servizi precedentemente svolti da terze parti. Il tutto pur mantenendo un controllo diretto.
Contestualmente, integrarsi in maniera verticale snellisce il coordinamento tra attività e la conservazione e lo sviluppo del know-how aziendale. I benefici dell’integrazione verticale sono evidenti in termini di velocità di reazione rispetto ai cambiamenti e sulla capacità di innovare. Red Bull ha pertanto deciso di cambiato pelle progressivamente, volendo passare da team cliente a partner diretto, per poi divenire costruttore di propulsori a pieno titolo. Le speranze di successo a medio-lungo termine degli uomini diretti da Christian Horner sono strettamente legate ai suddetti benefici.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Oracle Red Bull Racing – F1 TV