giovedì, Novembre 21, 2024

F1, Christian Horner: “tutto o niente”

F1, Horner me lo immagino così: uno che preferisce restare re in un piccolo feudo, piuttosto che abdicare al suo potere. O forse no. Chi lo sa… Nel mio viaggiare nell’Inferno, o Purgatorio o Paradiso Red Bull, fate voi, ora mi tocca parlare di Christian, il team principal della scuderia dei Milton Keynes da ormai quasi vent’anni. Il suo nome è stato di recente oggetto di polemica nel corso di questo campionato del mondo, per via delle accuse di molestie sessuali verso una dipendente. Il caso, conosciuto come “Horner-gate”, sembra essere ormai archiviato.

Ma questo non ha impedito alle voci nel paddock di continuare a circolare e di creare un clima denso di tensione. Il britannico, classe 1973, dopo la batosta iniziale, si è asserragliato nel fortino e alla fine pare aver gestito la cosa nel migliore dei modi, dimostrando un’acuta personalità. La stessa che deve aver visto in lui Dietrich Mateschitz quando lo ha reso il più giovane team manager nella storia della F1, addirittura più giovane di uno dei suoi piloti. In queste vesti ha scovato talenti del calibro di Sebastian Vettel e Max Verstappen e ha portato in casa Red Bull il grande Adrian Newey.

Quali sono gli ingredienti per far nascere un manager di successo? Io risponderei esperienza, fiuto e furbizia e poi, chiaramente, crescere nell’ambiente giusto, a: “pane e motori”, come si suol dire. Christian nasce sotto una buona stella. E’ impregnato di motorsport fin da bambino, quando vedeva il nonno lavorare come direttore degli acquisti per la Standard Motor Company di Coventry, prima di fondare con il figlio, e papà di Horner, un’agenzia volta a fornire componenti ai produttori di motori nelle Midlands. A dodici anni riceve il suo primo kart, con il quale si esercita in giardino, tra l’erba alta.

Horner F1
Christian Horner, Formula 3 – Motor Heritage X Centre con la Lotus Formula Three di Nigel Mansell 1993

Quando i suoi genitori cominciano a temere per la sua incolumità poiché il suolo era divenuto troppo bagnato, acconsentono ad accompagnarlo per la prima volta in pista. A diciotto anni, terminati gli studi, vince una borsa di studio in Formula Renault, la sua prima “casa”. Qui, infatti, l’anno dopo comincerà le sue gare ufficiali, raggiungendo addirittura il secondo posto. L’anno dopo passa in Formula 3 britannica, aggiudicandosi più di una volta il podio. Di lì approda in Formula 2, in cui gareggia per un po’ di tempo, fondando, grazie a dei generosi prestiti, un team chiamato “Arden International”.

Scuderia con la quale vince qualche campionato. E’ proprio grazie al suo team che Christian entrerà in contatto con Helmut Marko, recandosi da lui per comprare un rimorchio. Un incontro che ha fatto la storia della Red Bull negli ultimi anni, come ben sappiamo. Tutto sembrava filare liscio come l’olio, e invece, come sempre, il destino mescola le carte e cambia i piani. Durante un test pre-campionato effettuato nel circuito dell’Estoril, Horner vede Juan Pablo Montoya affrontare una curva ad alta velocità, e ne resta colpito.

Quel singolo e in apparenza insignificante particolare accende la fiamma del dubbio in lui, che comincia a chiedersi se sarebbe davvero stato in grado di: “replicare lo stesso livello di impegno”. E’ evidente, leggendo della sua carriera, che la risposta sia stata “no”. E’ così che Horner appende “il casco al chiodo” ad appena 25 anni. Una scelta sicuramente molto discussa, ma anche rischiosa, che avrebbe potuto costargli assai. Avrebbe potuto accorgersi troppo tardi che forse quello del pilota era veramente il suo mestiere, oppure avrebbe potuto essere accusato da altri di non avere il fegato sufficiente a perseguire la strada che aveva scelto fin da bambino.

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Dietrich Mateschitz, fondatore ed ex proprietario della Red Bull Racing

Ad ogni modo, stare lontano dai motori non fa per lui e decide di intraprendere la carriera di manager a tempo pieno. Il suo obiettivo, ovviamente, è la F1, quella categoria che aveva potuto guardare soltanto da dietro le quinte, frenato dalla paura di fallire e di non essere bravo abbastanza. Fa un po’ di gavetta in Formula 3000 vincendo due titoli costruttori nel 2002 e nel 2003 e viene presto notato dalla Red Bull, e più precisamente da Dietrich Mateschitz il magnate della bevanda energetica che precede e porta lo stesso nome del team di successo.

F1, Honer: l’era Red Bull sino alla crisi 2024

Il patron austriaco lo mette, senza pensarci due volte, a capo della squadra appena due anni dopo. Il 2005, un anno che i tifosi di Mylton Keynes ricorderanno bene, perché ha visto l’entrata nel proprio team di Adrian Newey. E indovinate chi ha giocato un ruolo fondamentale nel suo arrivo? Proprio così: Christian Horner. Nel 2007 riesce con Sebastian Vettel a vincere il campionato piloti e quello costruttori, diventando così il secondo team principal più giovane a trionfare nel mondo nella massima categoria. Da lì, la storia che conosciamo (purtroppo) come la normale amministrazione ad oggi.

Una serie di vittorie interrotta soltanto da otto lunghi anni di dominio Mercedes, dovuta soprattutto ai motori turbo-ibridi. Subito ripresasi grazie all’approdo di Max Verstappen per mano proprio di Christian Horner, prelevato dal vivaio dello junior team della Toro Rosso. Insomma, pare che la scelta manageriale sia stata quella giusta. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Guardando la prima gara di campionato comodamente seduti sui nostri divani avremmo detto che quest’anno sarebbe stata una triste fotocopia degli ultimi: Una Red Bull dominante che stacca tutte le altre scuderie.

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Christian Horner, team Principal della Red Bull F1 Racing, al quartier generale di Milton Keynes – 2011

A guardarlo oggi però il team di Mylton Keynes non sembra avere più quell’aura positiva che l’ha accompagnata nello scorso periodo. La crisi è nell’aria, causa e conseguenza dei vari addii subiti nell’ultimo periodo. Horner ci ha sicuramente “messo del suo” all’inizio del 2024 con il caso “Horner Gate” e l’accusa di comportamenti inappropriati verso una dipendente, che è poi stata licenziata. Scagionato completamente dalle varie indagini interne. Una nota stonata, voci che circolano del paddock ma mai davvero confermate, parlano di un Horner… come si suol dire… farfallone.

Ufficialmente fila d’amore e d’accordo con Gerry Halliwell,  impalmata nel 2015; una delle ex Spice-Girls, band pop di successo super commerciale, tutta al femminile, della seconda metà degli anni novanta. Christian, talvolta, viene canzonato con il nomignolo Spice-Boy, invero immeritato perché lui, comunque, il successo se lo è sudato. E in F1 non emergi se non hai determinazione, intelligenza e pelo sullo stomaco. Ma, tornando al presente, dopo le accuse ed un fuggi fuggi generale (vedi Newey accasatosi in Aston Martin) attualmente sembra l’unico, o quasi, disposto a resistere nella tempesta, come un povero comandante che tenta di mantenere saldo il timone.

E forse qui emerge la forza e la determinazione del pilota che, a suo tempo, gli era mancata. Fatto sta che la RB20 sembra una macchina nella quale in pochi sono disposti a credere, a partire da Checo Perez che lo ha dimostrato in innumerevoli occasioni tentando di distruggerla contro le barriere, quasi a volersi sfogare per la monoposto capricciosa, per finire a Max Verstappen, che non trova la vittoria da ben sei gare. Un risvolto di campionato che non ci aspettavamo, ma che rende i giochi molto più interessanti per questo ultimo terzo della campagna agonistica 2024.

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Christian Horner, team principale della Red Bull – GP Monza 2024

Contesto che fa sperare anche i “poveri” tifosi ferraristi in un qualcosa di più di un’amara sconfitta con tanto di beffa finale. Horner riuscirà a reggere la baracca, o cederà alla pressione cadendo insieme a lei, e sostituendo la prorompente alba Red Bull con l’inevitabile tramonto di ciò che era stato un manager di successo? Non ci resta che aspettare l’esito delle prossime gare. A iniziare dal week end di Baku. Per dirla con Manzoni: “Fu vera gloria? O assisteremo all’esplosione di una Supernova destinata a scomparire nel vasto Universo? “Ai posteri l’ardua sentenza!”. Tutto o niente. Appunto.

Autore: Elisa Cuboni

Immagini: Oracle Red Bull Racing

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