Red Bull deve migliorare il suo status in F1. Di recente si è consumato un ulteriore strappo. Dopo tante voci la la scuderia Racing Bulls e Daniel Ricciardo hanno risolto il loro rapporto di collaborazione. Il pilota australiano da anni non si esprimeva in pista ai livelli della prima fase della sua esperienza nella massima categoria del motorsport. Eppure, il ritorno nello junior team del colosso delle bevande energetiche era stato accolto favorevolmente dai suoi fan e da Liberty Media. Il motivo è molto semplice: il nativo di Perth è un personaggio molto amato.
Il pilota australiano ha sempre fatto parlare di sé in pista, in quanto in tempi oramai passati ha dimostrato al mondo di poter competere ai massimi livelli con il resto dei top driver. Per il resto, grazie alla sua grande personalità, pure al di fuori dall’abitacolo, al di la dei risultati conseguiti in pista, la sua celebrità dovuta al suo modo di essere scanzonato, assai gradito specie per il modus operandi della proprietà a stelle e strisce, ha reso Daniel uno dei punti di riferimenti della F1. Si sussurra che i principali sponsor del team di Faenza non abbiano gradito il “licenziamento” del pilota classe 1989.
Parliamo di Visa e Cash App, che nell’ambito delle loro sponsorizzazioni in F1 vedevano in Daniel un uomo immagine dall’elevato potere mediatico. Nonostante la pressione di diversi soggetti, Red Bull ha ritenuto che il tempo di Riccardo fosse scaduto. Così, il team italiano è tornato a essere la scuderia in cui si formano i campioni del futuro. A beneficiarne è stato Liam Lawson, che avrà a sua disposizione le ultime sei gare della stagione per meritare di essere tra i venti piloti sulla griglia di partenza della prossima stagione.
F1, Red Bull non si piega alle logiche di mercato
Una volta venivano chiamati “piloti con la valigia”. Chi ha una buona memoria o ama la storia della F1, difficilmente può dimenticare alcuni individui dal livello di preparazione amatoriale ma dalle enormi risorse economiche che riuscivano a “comprare” un sedile. Erano le “chicane mobili”, affettuosamente etichettate dai colleghi. Quei piloti talmente lenti da essere pericolosi e di impaccio in fasi critiche delle gare. Oggi non esistono più i piloti paganti, ma conducenti che portano in dote munifici sponsor, che rappresentano ossigeno puro per le casse dei team di bassa classifica.
E non parliamo solo di scarso talento. Un esempio recente è quello di Sainz. Alla fine del rapporto di collaborazione tra il pilota iberico e la scuderia di Maranello, è seguito a ruota il termine della partnership con l’istituto finanziario Santander. Le logiche di mercato sono totalmente cambiate rispetto al passato, e la gestione di un pilota deve necessariamente tener conto degli introiti garantiti dagli sponsor del driver. In tal senso, in F1, Red Bull ha deciso (finalmente) di dare priorità alla sfera sportiva piuttosto che al marketing. A pensarci bene, si tratta di un paradosso.
Diciamo questo perché i due team che afferiscono al colosso delle bevande energetiche devono la propria esistenza in F1 proprio per ragioni di marketing. E siamo solo all’inizio, perché Red Bull a breve saluterà Sergio Perez. Il pilota messicano ha avuto la chance della vita riuscendo a conquistarsi la chiamata del team di Milton Keynes nel 2021, dopo tanti anni di gavetta in team da metà schieramento ottenendo risultati notevoli. Uno su tutti, la vittoria in Bahrain a bordo della Racing Point nel 2020. La sua esperienza nel team austriaco è stata caratterizzata da lunghi periodi di risultati mediocri.
Giunto al quarto anno di permanenza nel team diretto da Horner, Perez è ormai la brutta copia del pilota aggressivo e consistente di qualche anno fa. Grazie al sostegno di Carlos Slim e alle pressioni di Liberty Media, Sergio resterà al volante della Red Bull numero 11 almeno fino al Gran Premio di casa. In questi giorni si sussurra che, proprio in occasione della gara di casa, Perez annuncerà il suo addio alla F1. Il management del team campione del mondo avrebbe esercitato già prima della pausa estiva una clausola di rescissione, basata sul gap in termini di punti rispetto al Max Verstappen.
Horner ha concesso altro tempo al suo pilota, ma in assenza di risultati degni di nota ha deciso di staccare la spina con tutte le conseguenze del caso. Certamente verranno a mancare le laute sponsorizzazioni portate in dote dal messicano di Guadalajara. Ma finalmente Red Bull ha dato priorità all’aspetto sportivo, consapevole di operare una scelta impopolare per il popolo latinoamericano, dove la celebrità di Perez è superiore a quella di tutti gli altri piloti messi insieme. Dopo alcuni anni, Red Bull è tornata a operare senza piegarsi alle ingerenze che ne avevano limitato la libertà decisionale.
Autore: Andrea Bovone
Immagini: Oracle Red Bull Racing – F1Tv