Nel post gara di Singapore, round 18 della F1 2024, Daniel Ricciardo ha sostanzialmente salutato il Circus e, dopo qualche giorno di silenzio, ieri è giunta l’ufficialità della separazione dal gruppo Red Bull con effetto immediato. Il suo sedile sarà rilevato da Liam Lawson, che già nella scorsa stagione aveva sostituito il pilota australiano in seguito all’incidente di Zandvoort, in cui si procurò la rottura del metacarpo della mano sinistra. Il ritorno nella famiglia di Milton Keynes doveva restituire alle competizioni quell’ottimo “manico” apprezzato fino al 2018.
Le esperienze in Renault e McLaren sono state avare di soddisfazioni, al netto dell’importante successo a Monza nel 2021. Troppo poco anche per il team di Woking, che ha preferito “sbarazzarsi” di Daniel preferendogli il promettente giovane e connazionale Oscar Piastri. Avere il benservito da un top team con un anno di anticipo rispetto al contratto ha ridotto ai minimi termini l’appeal del sorridente nativo di Perth all’interno del paddock. Alla fine non restava che sperare di ricostruire la carriera dal punto di partenza, ovvero dalla Red Bull Racing.
Il piano proposto a Daniel era quello di dimostrarsi all’altezza di poter ambire al volante del team campione del mondo in carica, battendo la concorrenza di Yuki Tsunoda al volante dell’Alpha Tauri prima e della Racing Bull. Dopo circa un anno e mezzo di convivenza tra i due, possiamo dire che il giovane pilota nipponico è stato complessivamente più performante al suo più esperto compagno di squadra. A questo punto, la carriera di Ricciardo in F1 era ridotta ai titoli di coda, nonostante mai come in questo periodo, alcuni team necessitino di piloti con un profilo simile a quello di Daniel.
La spada di Damocle del budget cap ha indotto alcuni team a preferire piloti esperti, consistenti nel rendimento e poco inclini a onerosi errori di gioventù. Ad esempio, Hulkenberg, pilota dal palmares meno importante rispetto all’australiano, è riuscito sempre a farsi trovare pronto e, grazie alla sua velocità, ha saputo guadagnarsi il contratto più importante della carriera (Audi, ndr). A meno di sporadiche circostanze, la velocità di Daniel è un ricordo di un passato troppo lontano.
F1, Ricciardo ha sovrastimato le proprie doti
La sliding door della carriera di Ricciardo risulta evidente in maniera clamorosa. Nell’edizione del Gran Premio Monaco 2018, il pilota classe 1989 vinse la corsa tra le stradine del Principato di Monaco, mentre Verstappen toccò il punto più basso della sua militanza in Red Bull, gettando alle ortiche l’intero weekend per un errore che lo fece sbattere contro le barriere nelle Fp3 del sabato. Il management del team austriaco catechizzò l’asso olandese, che da quel momento in poi, con un chiaro “click mentale”, annichilì Ricciardo vittima di continui problemi tecnici sulla sua monoposto.
Insomma, proprio nel momento più alto della carriera Ricciardo si sentì tradito. Escluso da un progetto sportivo costruito intorno all’enfant prodige originario dei Paesi Bassi. La scelta di lasciare Red Bull fu più un riflesso di pancia che razionale, perché Daniel si sentiva all’altezza dei più grandi interpreti della massima categoria del motorsport. Le fasi successive della sua carriera in F1, però, hanno dimostrato che la sua ambizione era di gran lunga superiore al suo estro. Inoltre, ritornare nella famiglia Red Bull in punta di piedi dopo aver sbattuto la porta, è stata una grande “sconfitta” professionale per l’australiano.
I piloti sono persone che fanno della propria autostima una componente essenziale per poter ambire al successo. Tornare all’ovile dopo anni spesi in altre scuderie, doveva conferirgli, nelle intenzioni del management Red Bull, serenità e motivazione grazie alla fiducia di chi lo ha conosciuto nel corso dei migliori anni della sua carriera. Ricciardo ha probabilmente staccato la spina dal punto di vista mentale. Ma nelle ultime stagioni, il pilota non è stato all’altezza del personaggio che Daniel si era costruito nel corso delle stagione di F1 anni e che piaceva tanto a tutti i tifosi del mondo.
F1, la “vita sportiva” per Ricciardo era scaduto da tempo
Analizzando le performance di Ricciardo in modo oggettivo, si può affermare senza dubbio alcuno che il tempo per Daniel in F1 era scaduto ormai da un pezzo. Abbiamo assistito a una sorta di accanimento terapeutico nei suoi confronti, mirato a riaccendere il sacro fuoco della velocità all’interno della mente del pilota di origini italiane. Un conducente di F1 perfetto per il tipo di intrattenimento che desidera divulgare Liberty Media al di fuori dell’abitacolo, ma poco competitivo per poter pensare di tornare ad aspirare a traguardi professionali ormai fuori dalle sue potenzialità. Questa la “triste” realtà che il suo sorriso smagliante ha dovuto necessariamente affrontare.
In altre parole possiamo dire che, una volta lasciata Red Bull alla fine della stagione 2018, Ricciardo non sia stato più capace di proporre il suo stile di guida aggressivo, fatto di manovre che il più delle volte coglievano impreparato l’avversario di turno. Per concludere una considerazione sulla carriera: il pilota australiano, con ogni probabilità, come altri sui colleghi, poteva ottenere maggior successo in F1 se solo avesse accettato di giocarsela con Max Verstappen. Ha prevalso la presunzione di non aver bisogno del team austriaco per continuare a correre ad alti livelli. Alla fine, Daniel è stato vittima di se stesso.
Autore: Andrea Bovone
Immagini: Oracle Red Bull Racing – Racing Bulls – F1TV