Binotto, dopo la Ferrari torna in auge grazie al progetto Audi. Ci sono personaggi che aldilà del successo professionale hanno la capacità di dividere l’opinione pubblica in merito al loro operato. Uno di questi è certamente l’ex team principal della Scuderia Ferrari. L’ingegnere originario di Losanna, nel corso del suo mandato al timone della gestione sportiva del team italiano, ha dovuto gestire non solo un periodo di scarsa competitività tecnica ma anche beghe di carattere politico senza precedenti. Ci riferiamo in particolar modo al “settlement agreement” con la Federazione Internazionale.
Una storia che riguardava il propulsore del Cavallino Rampante che, di fatto, sebbene la verità non sia mai venuta veramente a galla, senza dubbio non rispettava il quadro normativo vigente. Una Ferrari che, malgrado tutti i controlli della FIA nel corso della stagione 2019 non evidenziassero alcuna irregolarità, ha dovuto modificare la propria unità di potenza gettando al vento le due stagioni successive. Per non parlare della direttiva tecnica TB039 che, ideata per tenere sotto controllo il fenomeno del proposing, introdusse controlli più severi sul fondo vettura.
La F1-75 sfruttava abilmente le zone grigie del regolamento in merito alla flessibilità del fondo, riuscendo ad ottimizzare il funzionamento del pavimento della vettura italiana. Ancor prima dell’effettività concernente la suddetta direttiva, il team di Maranello congelò lo sviluppo di una delle migliori rosse sviluppate negli ultimi anni dagli ingegneri di Maranello. L’involuzione nel corso della stagione 2022, unitamente ai dissapori con Charles Leclerc, diventati fin troppo evidenti nel corso della stagione, hanno segnato la fine della lunga militanza di Binotto in Ferrari poco meno di due anni fa.
L’uscita del manager italo-svizzero nel dicembre del 2022 venne accolta come la logica conseguenza di un ciclo che aveva sofferto troppi pochi alti e moltissimi bassi. Dal mondiale 2019 sino alla stagione 2022, Binotto accentrò sotto la propria responsabilità il ruolo di Team Principal e Direttore Tecnico, avendo la presunzione di poter ricoprire ambedue i ruoli senza troppi problemi. Una scelta assai discutibile, alla fine dei conti. In tanti erano convinti che una volta terminata l’esperienza con la Ferrari, l’occhialuto ingegnere difficilmente sarebbe tornato nel Circus.
E invece i tedeschi hanno affidato all’ex capo della rossa le chiavi del programma Audi F1 in qualità di Chief Operating and Chief Technical Officer (COO e CTO), per rivestire la necessaria figura di collegamento con la casa madre automobilistica. Un incarico gravoso quanto stimolante, per un manager che, da responsabile del reparto corse della rossa, nella massima categoria ha colto il misero bottino di sette successi in quattro anni di gestione. Per intenderci, senza possedere il background tecnico del suo collega, Maurizio Arrivabene nell’arco di quattro anni ha vinto il doppio delle corse.
F1, le scelte Ferrari non convincono Binotto
Una cosa è certa, il nuovo capo del programma Audi ha una grande esperienza in F1 maturata in diversi anni all’interno del Circus. Binotto ha certamente vissuto la scioccante transizione dai motori a combustione interna verso le unità di potenza turbo-ibride, quando era responsabile tecnico del reparto motori del Cavallino Rampante. Per questa ragione, in prima persona, Mattia, ha sofferto le difficoltà di dover recuperare un significativo gap sulla concorrenza Mercedes che era partita con largo anticipo e quindi in vantaggio sulla nuova generazione di propulsori.
Di recente, l’ingegnere classe 1969 è apparso nel box del team Sauber con la sua nuova divisa, anche se in questo momento si tratta di una fase di transizione verso il vero debutto di Audi che avverrà durante la campagna agonistica 2026. In una della verse interviste che l’ex ferrarista ha rilasciato, il boss di Audi è stato interrogato sulle scelte effettuate dalla Ferrari in merito ai piloti, argomento sul quale non si sottratto fornendo la propria visione dei fatti senza troppi rigiri di parola. In maniera molto sincera, per cui, Binotto ha ammesso che non avrebbe ingaggiato mai ingaggiato Lewis Hamilton.
Questo nonostante lui stesso condivida la scelta fatta dal sette volte campione del mondo di F1 inglese. La ragione è tanto semplice quanto tagliente:“Ferrari aveva puntato su altri piloti. E se il talento è Charles Leclerc, è lui che in qualche modo credo andava accompagnato all’obiettivo“. Insomma, parafrasando le parole di Mattia, se il fenomeno che ti serve per vincere lo hai già in casa, non restava altro che creare i tutti presupposti tecnici per portarlo al successo. Un appoggio incondizionato per far sentire al meglio delle possibilità il pilota che hai scelto.
La frase dell’ex team principal della rossa si presta a un retro pensiero nemmeno tanto criptico: se Ferrari ha ingaggiato una delle leggende viventi di questa F1, allora è proprio certa che il pilota monegasco sia il talento giusto a cui affidare le sorti sportive della rossa? La domanda è lecita, sebbene all’interno del ragionamento per rispondere a tale quesito si possano nascondere parecchie situazioni. La nostra modesta opinione è abbastanza chiara in tal senso, e va ricercata nel passato di Binotto in a Maranello. Ci riferiamo al suo modus operandi utilizzato in determinati scenari.
Mattia, in talune occasioni, dall’alto del suo incarico ha scelto di anteporre il team al pilota, a volte facendolo in modo davvero sgradevole e molto poco rispettoso. Ricorderemo ad esempio la fredda telefonata verso Sebastian Vettel, per silurare e licenziare un quattro volte campione del mondo di F1 con una stagione ancora da disputare. Senza dimenticare il famoso dito “agitato” nei confronti di Leclerc a Silverstone, tangibile dimostrazione di quanto detto. Binotto, a quanto sembra, si toglie il primo sassolino dalla scarpa di una lunga serie…
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – Alpine