Red Bull, da sempre in F1, ha cercato di galleggiare sulla linea di confine del regolamento tecnico. Un atteggiamento studiato nei minimi dettagli, atto affinché ogni possibile beneficio possa essere sfruttato appieno. In più di un’occasione la scuderia di Milton Keynes ha “violato” lo spirito della norma, approfittando delle pieghe regolamentari e delle zone grigie, di fatto senza infrangere il regolamento. Sì, perché leggendo i documenti della FIA bisogna essere un po’ avvocati per capire come fare i furbi e, in questo, la squadra attualmente campione del mondo è sempre stata eccezionale.
Veniamo al presente. Red Bull dispone di un sistema tecnico che le permette di modificare l’altezza da terra della propria monoposto. Un meccanismo che è stato confermato direttamente dai membri del team, i quali però, per pararsi il culo, hanno sottolineato un fatto: tale sistema diventa inaccessibile quando la vettura è completamente assemblata. Questo per sottolineare l’impossibilità di utilizzarlo e ottenere un chiaro beneficio per cambiare la ride height dell’auto, se necessario. Anzitutto una domanda sorge spontanea: a cosa serve questo dispositivo se non si può usare?
Ci spieghiamo meglio: perché spendere tempo, soldi ed energie per dotare una vettura di uno strumento che possa modificare l’altezza da terra diversamente dagli altri? D’altronde, quando la monoposto è in garage durante le libere, tutti i meccanici impiegano pochi minuti per modificare questi parametri. Ma poniamo il caso che tale archibugio sia nato per accelerare i tempi in questa operazione: Red Bull può scientificamente provare che non lo ha mai utilizzato nelle scorse gare, quando poteva essere utile? Tali quesiti fanno riflettere noi e sicuramente anche la FIA.
Pare che questo sistema si potesse attivare tramite un comando collocato all’interno del cockpit. Una modifica tramite le impostazioni non visibile sulla dashboard del volante che, con un semplice click, e qualche lavoro dei meccanici poteva sostanzialmente cambiare l’altezza da terra della monoposto in tempi brevi. Elemento “conosciuto” poiché Red Bull, come da regolamento, era costretta a rendere noti alla Federazione Internazionale tutti i dettagli relativi alla progettazione di questa componente. Informazioni caricate sui server della FIA e quindi fruibili dall’organo regolatore. Così raccontano le indiscrezioni.
F1, Red Bull patteggia con la FIA
Quello che suona assai stonato, però, riguarda un concetto relativo al futuro. A margine di una bella chiacchierata con i delegati della Federazione Internazionale, il team che sta lottando per confermarsi campione del mondo di F1, d’ora in avanti seguirà un piano concordato con l’ente regolatore. Anche qui le domande che vengono alla mente si sprecano. Cosa significa “concordare un piano”? Forse dare modo alla FIA di controllare che le due RB20 non utilizzino questo dispositivo, mossa per tranquillare gli ingegneri capeggiati da Nicholas Tombazis?
O forse significa che, da qui in avanti, nelle restanti ultime sei gare del campionato di Formula Uno, Red Bull dovrà rispettare le regole in precedenza infrante? Una sorta di “buffetto” da parte della FIA alla Red Bull, con la promessa di non farsi più beccare con le mani nella marmellata? Chissà… Al di là di tutte le congetture che possiamo esprimere all’interno di un articolo, i dubbi su cosa sia realmente successo resteranno sempre. Questo perché la Federazione Internazionale non renderà mai pubblico l’accaduto e tantomeno la scuderia di Milton Keynes.
Una cosa è certa, però: la FIA, a seguito delle segnalazioni ricevute da altre scuderie di F1 che partecipano all’attuale campagna agonistica, relative a un potenziale beneficio che Red Bull potrebbe aver sfruttato, ha deciso di introdurre alcune procedure sinora assenti per tenere sotto controllo la situazione. Il fatto che la Federazione Internazionale voglia vederci chiaro, tanto da modificare il proprio piano di lavoro durante un fine settimana di gara, sottolinea che la fiducia verso il team austriaco è molto bassa. Questa sembra essere l’interpretazione più logica.
F1, ali flessibili sotto esame
Non è solo la Red Bull a far ammattire la Federazione Internazionale. Il discorso relativo all’aeroelasticità delle ali resta infatti un tema molto chiacchierato. Durante il Gran Premio di Baku, la nostra redazione aveva anticipato una notizia che proprio in queste ore trova conferma. Ci riferiamo all’inasprimento dei controlli sulle flessioni. Sappiamo bene che durante la sua marcia, un’ala di una monoposto di F1 può cambiare il suo posizionamento statico per ottenere vantaggi a livello aerodinamico. Una pratica utilizzata da tempo, che sembra ancora sfuggire alle grazie della FIA.
Diciamo questo in quanto, dal Gran Premio degli Stati Uniti edizione 2024, i sensori collocati sulle parti aerodinamiche che possono flettere sono praticamente raddoppiati con tanto di piccole telecamere per registrare il tutto. Anche McLaren si è accordata con la FIA e, in teoria, secondo quanto dichiarato dallo stesso Zak Brown, malgrado nulla di illegale sia stato rilevato sull’ala posteriore della MCL38, il team guidato da Andrea Stella ha deciso di non utilizzare più la specifica controversa etichettata come “mini DRS”. Un’altra pagina di questa F1 sulla quale sarebbe giusto fare una chiarezza che non sarà mai fatta.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Oracle Red Bull Racing – McLaren – F1Tv