“Con voi ho parlato tante volte della Ferrari e delle sue annate in F1“. Così, Turrini, ospite alla nostra trasmissione Spit Stop, “attenziona” la rossa menzionando una tematica interessante. Leo ci fa notare una questione che fotografa alla perfezione la strategia del Cavallino Rampante durante gli ultimi 16 anni. Ci riferiamo al personale scelto dalla proprietà per guidare il team di Maranello. In effetti, la squadra italiana ha vissuto diversi avvicendamenti nel ruolo di team principal e, di fatto, sebbene gli individui al comando fossero differenti, il risultato non è mai cambiato.
Parliamo di cambi che hanno compreso anche il ruolo di direttore tecnico con annessi responsabili delle diverse aree facenti parte del reparto corse. In questi tre lustri abbondanti la Ferrari non ha “mai toccato palla”, usando un gergo calcistico. Anche Red Bull, per fare un esempio, ha vissuto ben 7 mondiali dove non ha vinto nulla. Parliamo dell’egemonia Mercedes, dove la scuderia di Milton Keynes non ha cambiato una virgola. Horner è sempre rimasto al suo posto, idem Newey. Due personaggi che non sono stati mai messi in discussione, nemmeno per un momento.
Pure il team con sede a Brackley non vince più dal 2021, ma Toto Wolff resta sempre al comando della scuderia senza che nessuno della dirigenza tedesca abbia mosso il benché minimo dubbio verso le sue qualità di manager. Questo nonostante i gravi errori commessi da Mercedes con l’attuale corpo normativo, dove diversi progetti sono risultati alquanto fallimentari. Tutto questo discorso per sottolineare un fatto relativo all’esigenza di creare uno spirito di gruppo. Un’amalgama necessaria per forgiare un team in grado di lottare al vertice della F1 per vincere.
Turrini crede che la Ferrari possa arrivare a possedere questo spirito ideale. La cosiddetta “forza collettiva”, insomma, che però deve essere raggiunta attraverso un minimo di stabilità. Quella continuità che serve per costruire dal basso un programma con basi solide su cui poggiare le strategie tecniche e sportive. Leo fa presente che spesso ha il piacere di colloquiare con la proprietà della rossa, momento in cui “suggerisce” di prendere sì le decisioni più opportune per gestire il reparto corse, ma allo stesso tempo di concedergli il tempo necessario. Serve fiducia, senza che vengano spesso messi in discussione.
F1: Ferrari, prendi esempio dalla McLaren
Il metodo calcistico non funziona nel Circus. “Cambiamo l’allenatore per dare una scossa” è una logica che non serve all’interno di un team che si muove nel paddock. La massima categoria del motorsport è prima di tutto tecnologia. Malgrado sia un ragionamento estremamente impopolare, soprattutto per quanto riguarda lo scenario italiano, in un momento in cui la F1 è molto seguita anche dai giovani, grazie al grande lavoro di Liberty Media per svecchiare il pubblico, Turrini crede che i continui cambiamenti non portino a nulla di buono. Al contrario, fanno solo danni.
Le decisioni sugli individui a cui affidare le sorti della scuderia devono essere corrette. Poi, però, bisogna aspettare che gli effetti del lavoro svolto producano i risultati attesi. Ovviamente, se tale contesto non si verifica nei tempi stimati, è giusto prescindere dai loro servigi. Ma fino ad allora il supporto deve essere massimo. Cambiare cinque team principal nell’arco di pochi anni non è la mossa corretta. Leo elenca questi nomi: si inizia con Stefano Domenicali, che ha perso dei campionati mondiali piloti per un totale di 7 punti, per poi essere trattato come un “criminale di guerra”.
Il contesto competitivo non si è più ripetuto, perché da quando Stefano è stato cacciato, Ferrari non ha mai più lottato per un titolo fino all’ultima gara della stagione. Al suo posto è stato nominato un “viandante bulgaro”, Marco Mattiacci, il quale, nei quattro mesi di presenza, ha dimostrato al mondo intero la sua inadeguatezza per il ruolo. Poi è arrivato “uno che vendeva sigarette”, Arrivabene, per passare successivamente a un motorista, Binotto, con il quale sappiamo bene le figuracce subite. Infine, siamo arrivati a Vasseur, il “curato di campagna” francese che attualmente occupa la sedia di comando.
Un turbinio che non ha portato a nulla di positivo. Leo pensa alla McLaren, attualmente in testa al mondiale costruttori, menzionando Andrea Stella. L’ex ingegnere di pista della Ferrari si è trasferito a Woking dieci anni fa. In questo periodo, la storica scuderia britannica ha vinto un solo Gran Premio, a Monza, grazie a Daniel Ricciardo, che ha saputo approfittare di un contesto particolare per tagliare il traguardo davanti a tutti. Il tecnico di Orvieto non è mai stato messo in discussione, fino a quando, lo scorso anno, è diventato il team principal di una scuderia che attualmente domina la scena tecnica della F1
F1, Ferrari: Newey non è fidato della Ferrari
Andrea è l’esempio perfetto, perché sotto la sua guida gli errori ci sono stati eccome nell’attuale campagna agonistica 2024. Basti pensare che, malgrado la MCL38 sia la vettura più veloce del lotto, il campionato piloti è ancora saldamente nelle mani dell’olandese Max Verstappen. Nel campionato costruttori, sebbene McLaren sia ancora in corsa, ha effettuato il sorpasso su Red Bull solo tre settimane fa, al Gran Premio di Baku. Questo dimostra perché la logica calcistica del “voler cambiare in corsa” in F1 sia totalmente sbagliata. Infine, Turrini si esprime sul caso Newey tramite una domanda.
Il quesito riguarda le motivazioni per cui il genio di Stratford-Upon-Avon ha preferito restare oltre manica e accettare le lusinghe di Lawrence Stroll. “Secondo voi“, chiede Leo, “il fatto che la Ferrari abbia cambiato cinque team principal in tre lustri non ha influito sulle scelte del geniale progettista britannico?“. Adrian si è posto diverse domande. Per esempio, perché un tecnico eccellente come James Allison sia stato “cestinato” dalla Ferrari senza troppi problemi. Newey ha vinto una marea di mondiali, sommando il suo lavoro tra Williams, McLaren e Red Bull.
Quale poteva essere il suo finale di carriera migliore per coronare una carriera strepitosa? Venire alla Ferrari e centrare l’obiettivo che oramai latita da troppo tempo. Adrian, secondo Turrini, non è venuto a Maranello perché non si fidava della storica scuderia italiana. Non si tratta di una sfiducia verso il presidente John Elkann; semplicemente non ha intravisto quello scenario adatto per lavorare al meglio, perché osservando il recente passato della scuderia italiana ha capito che mancavano le condizioni per costruire un effettivo e vincente.
Un fatto che dovrebbe far ragionare la dirigenza del team italiano su di un aspetto cruciale: creare le condizioni per far sì che le persone preposte a gestire il Cavallino Rampante da corsa abbiano modo di “esplicitare” le proprie qualità e il loro talento. Solo in questo modo il raggiungimento dell’obbiettivo prefissato dalla squadra corse si potrà avvicinare Altrimenti, come succede tristemente da parecchio tempo, oramai, al di la del pregio delle persone che lavoreranno all’interno della gestione sportiva, la Ferrari continuerà “tranquillamente” a perdere ogni stagione…
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – Oracle Red Bull Racing – F1Tv