Acqua nelle gomme nella McLaren, l’ultima accusa in F1 mossa da Red Bull tutta da provare. Quando nella massima categoria del motorsport sono in palio due titoli mondiali, ogni dettaglio può fare la differenza. Secondo Domenicali è proprio questa la mossa della squadra di Milton Keynes che, in qualche modo, sta cercando di minare la stabilità della scuderia di Woking. E in effetti Norris pare alquanto nervoso. Ha sbagliato parecchio partito dalla pole e giunto al traguardo in sesta piazza, addirittura dietro a una Ferrari piuttosto debole. Proprio nel fine settimana in cui Verstappen pativa una sanzione.
L’olandese scatta dalla diciassettesima piazza per poi mettere assieme una gara strepitosa e conquistare una vittoria incredibile. Un weekend che di fatto spegne in gran parte le velleità di lotta nel campionato piloti, quando mancano tre gare e una Sprint Race. Dopo le polemiche relative al “mini DRS” sulla MCL38 e al T-Tray della RB20, in Brasile scoppia un ulteriore caso relativo alle gomme. Ci riferiamo a una presunta mossa della scuderia britannica, inerente all’amministrazione delle coperture per trarre un chiaro vantaggio competitivo.
Mario Isola, interrogato dai media nella giornata di sabato, ha spiegato che la Federazione Internazionale, sino a quel momento, non aveva richiesto alcun tipo di controllo sulle “vetture incriminate”. Esami che, secondo l’italiano, sono possibili ma comunque complicati, sia per il tipo di test che per le tempistiche. A margine di uno studio e relative riflessioni, interpellando tecnici di F1, cerchiamo di chiarire i fatti con gli elementi attuali, molto pochi, per commentare lo scenario tecnico che potrebbe emergere nell’eventuale conferma dell’accusa mossa da Red Bull verso McLaren.
McLaren, acqua nelle gomme: l’effetto sulla pressione delle gomme
In questi ultimi giorni si parla parecchio di una strategia apparentemente innovativa, che la McLaren starebbe utilizzando per ottenere un vantaggio competitivo in pista. Il cuore della discussione risiede nell’idea di introdurre una piccola quantità d’acqua all’interno delle gomme. Tecnicamente, questa manovra suscita un interesse non indifferente, ma, prima di approfondire possibili benefici e rischi, è necessario chiarire come questo fluido verrebbe effettivamente immesso nello pneumatico. I team di F1 possono intervenire in misura molto limitata sulla pressione iniziale delle gomme, soprattutto a freddo, ossia quando la vettura è ancora nei box.
In questa fase, sarebbe teoricamente possibile inserire un piccolo quantitativo di acqua, si parla di appena 0,05 litri per pneumatico, operazione tutto tranne che semplice. Una gomma di F1 ha già una pressione interna dettata da Pirelli, e immettere un fluido liquido al suo interno non è un procedimento standard. Questo aspetto rappresenta una delle principali incognite: McLaren, come potrebbe riuscire a infiltrare acqua all’interno delle coperture senza compromettere la struttura e il funzionamento ottimale della mescola? Una risposta a tale quesito al momento non c’è.
Un’opzione possibile sarebbe utilizzare una miscela aria-acqua, dove il quantitativo del fluido sarebbe nebulizzato inizialmente senza diverse difficoltà nel livello di precisione ottenibile. Un’altra considerazione riguarda la gestione della temperatura. Le gomme, una volta montate sull’auto, sono tenute al caldo nelle termocoperte sino al momento di scendere in pista, “condizionate” a una temperatura di circa 80 gradi. Questo valore è sufficiente per riscaldare inizialmente le coperture, ma non per far evaporare l’acqua che resterebbe in forma liquida sino a quando l’auto non va in marcia.
Questo dettaglio è cruciale per comprendere come la strategia potrebbe funzionare nella pratica: sino a che gli pneumatici restano nelle termocoperte l’acqua non produrrebbe effetti particolari. Ma non appena la vettura comincia a muoversi, verrebbe distribuita dalla forza centrifuga lungo la superficie interna della mescola, pronta a trasformarsi in vapore non appena la temperatura interna raggiunge i 100°C. Questo passaggio dallo stato liquido a quello gassoso potrebbe innescare un aumento di pressione, effetto non trascurabile nel complesso equilibrio della gestione gomme.
Il vero obiettivo della McLaren, se questa strategia fosse confermata, potrebbe essere quello di raggiungere una pressione target all’interno dello pneumatico che in condizioni normali sarebbe difficile da ottenere. Le pressioni delle gomme in F1, come detto in precedenza, sono strettamente regolamentate dalla Federazione Internazionale, e qualsiasi lieve incremento può influenzare le prestazioni della vettura. In questo caso, l’evaporazione dell’acqua creerebbe un aumento di pressione interno, consentendo al team di avvicinarsi alla pressione ideale di esercizio.
Un provvedimento che andrebbe a garantire una differente impronta a terra con tutti i benefici del caso. Tuttavia, questo approccio comporterebbe anche rischi significativi. Le variabili sono molte: qualsiasi errore nel dosaggio del fluido o una valutazione errata sulle condizioni della pista potrebbero generare effetti controproducenti, con il rischio di compromettere le performance della monoposto anziché migliorarle. Il vero vantaggio dipenderebbe da un livello di controllo estremamente preciso, fattore che rende l’ipotetico sistema complesso e potenzialmente pericoloso.
McLaren, acqua nelle gomme: l’effetto sullo scambio termico
Oltre all’effetto sulla pressione, un altro possibile benefico riguarderebbe il miglioramento dello scambio termico tra il cerchione e la gomma stessa, o tra la superficie interna del compound e il battistrada. Se il liquido fosse effettivamente in grado di distribuire il calore in modo più uniforme, ciò potrebbe contribuire a mantenere più stabile la temperatura dello pneumatico stesso, un fattore essenziale per la performance durante la gara. Mantenere il battistrada alla temperatura ideale, è importante per garantire una migliore aderenza e ridurre il rischio di surriscaldamento o raffreddamento eccessivo della gomma.
Parliamo di due fenomeni che possono influire negativamente sul grip e sulla durata della mescola nell’arco di un long run. Questo equilibrio delle temperature in condizioni normali è assai complicato da ottenere; l’idea di base di introdurre un fluido per stabilizzare il calore potrebbe rappresentare una soluzione interessante e innovativa, specie per i diversi problemi di variazione termica che i team affrontano in gara. Ciononostante, va detto che la FIA possiede i mezzi per verificare se la McLaren o altre squadre abbiano sperimentato un sistema simile.
Come ha affermato Mario Isola, sarebbe sufficiente misurare il tasso di umidità all’interno dello pneumatico per individuare la presenza di acqua o vapore. Un controllo del genere potrebbe rivelare un presunto utilizzo di un fluido per manipolare la pressione e le caratteristiche termiche della gomma. Di fatto, però, una strategia simile richiederebbe una precisione estrema non solo nella fase di preparazione, ma anche nell’adattamento alle condizioni specifiche del contesto competitivo della gara. In attesa di news ufficiali è questo il quadro attuale della situazione dove le prove latitano…
Autori: Zander Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich
Immagini: Scuderia Ferrari – Red Bull – McLaren – Pirelli