Nell’attuale campionato di F1 c’è un po’ di caos. Nelle ultime ore la FIA si è espressa sul caso T-Tray della Red Bull, di fatto scagionando al 100% la squadra austriaca da eventuali responsabilità in merito alla questione che ha alimentato dubbi e polemiche poco prima del weekend del GP degli Stati Uniti a Austin, gara vinta da Charles Leclerc e dalla Ferrari, con una strepitosa doppietta completata dallo spagnolo Carlos Sainz. Un uno duo che ha stupito tutti, i ferraristi compresi e rilanciato le sorti del Cavallino Rampante nel mondiale costruttori.
Di rientro dalla pausa autunnale infatti, il team di Milton Keynes è stato al centro di una polemica riguardo la possibilità di cambiare l’assetto della RB20 (ve lo diciamo in maniera molto spartana, nda) in regime di parco chiuso, attraverso una regolazione dell’altezza dell’anteriore. E’ un dispositivo che tutti hanno a disposizione, anche se il modo di utilizzo risulta essere diverso, e quello della Red Bull in particolare, secondo l’accusa (McLaren) sarebbe possibile azionarlo manualmente anche da parte di un meccanico tramite una leva presente nella zona della pedaliera.
Nulla di male, finché i sospetti non vanno oltre: cambiare il set-up di una monoposto di F1 in regime di parco chiuso, normativa in vigore da 20 anni, sarebbe di una gravità inaudita, e provare una cosa simile vorrebbe dire squalifica immediata, senza troppe discussioni in merito, perché adeguare l’assetto della monoposto per la gara dopo aver fatto la qualifica, è chiaramente anti sportivo.
Ovviamente non stiamo parlando di cambiamenti epocali tra le due sessioni, si tratterebbe di piccoli dettagli che però potrebbero fare tutta la differenza di questo mondo sulla lunga durata. Tutto questo però, a quanto pare, non è dimostrabile: nessuno può dire con certezza che la Red Bull abbia di proposito cambiato l’altezza dell’anteriore tra qualifiche e gare in più weekend, non c’è modo di saperlo o provarlo.
F1, McLaren: Zak Brown non si fida della FIA
La FIA infatti ha confermato l’innocenza della Red Bull, la quale non avrebbe mai usato il T-Tray per regolare l’altezza in regime di parco chiuso. Una sentenza del genere, anche se del tutto informale e senza uno studio approfondito, l’aveva emessa qualche giorno dopo le accuse della McLaren, e già nel GP degli Stati Uniti la questione era passata come risolta, o quantomeno così sembrava.
L’amministratore delegato del team di Woking, Zak Brown, non sembra essere molto convinto, e in queste settimane ha continuato a gettare ombre sul modo di fare della Red Bull. L’americano chiama a raccolta tutti coloro che sono usciti da Milton Keynes in questi mesi, i quali adesso, volendo, potrebbero anche rivelare i segreti più nascosti delle ultime monoposto costruite da Adrian Newey, chiaramente all’interno delle nuove squadre.
“Vorrei che i dirigenti senior, gli ex capo-meccanici e i meccanici attuali firmassero una dichiarazione giurata attestando di non aver mai usato né di essere a conoscenza dell’uso”. Probabilmente Zak Brown, in preda alla collera nei confronti della Red Bull e soprattutto di Christian Horner, dovrebbe capire ad un certo punto di aver perso questa battaglia, un po’ come ha fatto il team principal Andrea Stella poco dopo la prima volta che la FIA si è espressa nel merito.
F1, la FIA completa l’indagine sul T-Tray Red Bull
L’indagine ha escluso l’ipotesi iniziale, supportata anche dalle spiegazioni della Red Bull, che ha specificato come il movimento sospetto potesse verificarsi solo con la vettura smontata. La FIA, non avendo trovato prove delle accuse, ha chiuso ufficialmente l’inchiesta confermando la conformità delle operazioni del team. Con questa decisione, la Federazione vuole porre fine alla questione, garantendo trasparenza nel processo e la regolarità tecnica delle vetture in gara.
I sospetti in F1 sono all’ordine del giorno, specialmente nel momento in cui ci sono due o più team a darsele in pista. E’ nella logica delle cose, ed è anche una parte bellissima di questo sport. La situazione interna alla Red Bull potrebbe aver spinto qualche fresco ex a dare delle informazioni alla McLaren, e da lì far partire l’accusa, non ci stupiremmo nemmeno di questo francamente.
Al termine della questione, però, chi non ne sta uscendo benissimo è Zak Brown, intento ad andare anche contro le decisioni della FIA, difficilmente sindacabili. Forse è arrivato il momento di abbassare le armi sotto questo punto di vista e cercare di performare in pista. Scelte libere per carità, ma continuare a sbattere contro un muro di gomma impossibile da rompere rischia di diventare assai controproducente.
Autore: Andrea Bovone
Immagini: McLaren Racing – Red Bull Content Pool