La F1 2026 continua a far discutere in merito al regolamento della FIA. Lo fa principalmente per una ragione: sino a che le vetture non scenderanno in pista, non si capiranno realmente i problemi che potrebbero nascere da una progettazione errata delle monoposto. La Federazione Internazionale ha preso una via molto rischiosa. Ha scritto un corpo normativo complicato che voleva, innanzitutto, mischiare le carte in tavola e contestualmente favorire l’ingresso nella massima categoria del motorsport di altri brand importanti. Una mossa per arricchire il paddock finalizzata alla visibilità.
Ovviamente, per rendere possibile questo scenario, le marche decise a entrare volevano alcune garanzie a livello lavorativo. La loro intenzione era quella di mettere piede in un mondo così complicato come la F1 potendo incidere da subito. Magari non alla pari, poiché l’esperienza di chi già era presente comunque pesa, ma senza dubbio avendo qualche agevolazione per non passare stagioni intere a rincorrere, per poi ritirarsi dalla scena come spesso è capitato in passato. Da qui l’esigenza della Federazione Internazionale di scrivere un regolamento totalmente nuovo e innovativo.
La storia recente ci racconta che la sola Audi, comprando Sauber, sarà presente dalla stagione 2026. Mentre altre realtà come Porsche hanno passato la mano. Il reale problema del nuovo corpo normativo è spoilerato dal contesto attuale. Basti pensare alle difficoltà estreme che la FIA sta incontrando per tenere sotto controllo le dieci scuderie che, ovviamente, cercano sempre soluzioni al limite e potenzialmente irregolari. Vedi i casi “Mini DRS” e acqua nelle gomme per la McLaren, o la questione T-Tray su Red Bull. I contesti del genere, la FIA ha mostrato una certa impotenza nel tenere a bada le questioni.
Per questo si è limitata a nascondere la polvere sotto il tappeto, chiudendo i casi con un nulla di fatto per mancanza di efficienza nel scovare e provare le infrazioni. Figuriamoci se il medesimo pool di tecnici sotto il comando di Nicholas Tombazis, parliamo di una ventina circa di ingegneri, possa essere più bravo delle centinaia di ingegneri che “abitano” i team. Anche per questo motivo il regolamento 2026 ha subito di recente alcune rettifiche, partorite grazie all’aiuto delle varie squadre. Ciò malgrado, tante paure restano, legate principalmente ai propulsori di nuova generazione.
F1, FIA: le problematiche legate alla power unit vengono a galla
La seconda generazione di power unit gira al banco prova da tempo. Intendiamo quelle vere, già costruite e testate nel contesto reale. Per il resto si utilizza il campo ipotetico, dove tramite i simulatori si cerca di presumere il loro funzionamento in pista una volta che saranno montate sulle vetture di F1. Il guaio più grande nasce sull’equazione termico vs ibrido. Come sappiamo, sparisce l’MGU-H (entalpia dei gas di scarico) in favore di un super MGU-K che aumenta il suo apporto del 300%. Dei circa 1000 cavalli erogati, 475 cavalli saranno prodotti dal moto generatore che recupera l’energia cinetica. Un 50 e 50.
In tempi non sospetti, alcuni team principal avevano palesato tutti i propri dubbi in merito alle scelte della FIA, in quanto un utilizzo errato dell’energia avrebbe pesato enormemente sull’economia del giro. E, a quanto pare, ascoltando chi sta simulando le nuove vetture 2026, queste paure sono realtà. Sembra infatti che, per immagazzinare il corretto quantitativo di energia nei pacchi batterie, le fasi di staccata debbano essere anticipate parecchio, in alcuni casi addirittura di 100 metri. Un contesto del genere, rende di riflesso meno competitiva una vettura di F1, specie in alcune piste.
Tracciati come Baku, Spa-Francorchamps, Las Vegas e soprattutto Monza, che presentano lunghi tratti ad alta velocità di percorrenza, potrebbero mettere in crisi le monoposto che, appunto, pare non abbiano sufficienti frenate. Senza dubbio, le strategie di ricarica potrebbero divenire cruciali per non restare senza il supporto ibrido nei rettilinei; da qui la necessità di allungare parecchio le staccate. Immaginando il contesto, è chiaro che se tutti i piloti fossero costretti a rallentare prima, i tentativi di sorpasso resterebbero bene o male i medesimi, se paragonati a quelli attuali.
Anzi, chi guida, potrebbe “giocare” sulla staccata, frenare più tardi e sorpassare, conscio che però, successivamente, avrebbe meno energia a disposizione. Per questo le strategie sull’utilizzo della power unit potrebbero essere importantissime. Ma in fondo è un po’ quello che ha sempre cercato Liberty Media, no? Sparigliare le carte per offrire imprevedibilità. Altra questione è quella legata al sistema “Override” che andrà a sostituire il DRS. Un archibugio che, per un quantitativo di tempo limitato, apporta un surplus di potenza che però deve essere presente nelle batterie per essere utilizzato.
Che i grattacapi inerenti alla power unit di ultima generazione fossero noti non lo scopriamo certo oggi. E infatti, a suo tempo, la FIA ha introdotto due modalità (X-mode e Z-mode) relative alle ali, che possono aprirsi e chiudersi per abbattere la resistenza all’avanzamento in determinate parti della pista. Una mossa fruibile manualmente dal pilota tramite un comando sul volante. Le perplessità inerenti al nuovo regolamento sono davvero tante e non è detto che la F1 non possa ancora modificare qualcosa, malgrado la stesura del corpo normativo sia ormai definitiva.
Per concludere lo scritto, possiamo sostenere che la possibilità di vedere ribaltati i valori in campo in maniera importante esiste eccome. Un contesto dove le scuderie meno abbienti potrebbero realizzare un netto salto in avanti, con la possibilità che un top team faccia il percorso inverso sbagliando alcune valutazioni. Resta poco più di un anno per saperne di più. Da gennaio, la progettazione delle vetture 2026 scenderà in campo ufficialmente. Per questo ne sapremo qualcosa di più tramite i feedback forniti dai tecnici, che verranno ripetutamente interrogati al riguardo.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv